Processo Bellini: emergono interrogativi interessanti

Processo Bellini: emergono interrogativi interessanti

 

Processo Bellini: emergono interrogativi interessanti – Paolo Bellini ha raccolto ieri una significativa vittoria processuale, nel secondo grado del procedimento che lo riguarda e, cioè, quello di far effettuare un’analisi approfondita del video che lo inchioderebbe – secondo la tesi dell’accusa – alle sue responsabilità nell’attentato del 2 agosto 1980 per stabilire esattamente a che ora sarebbero state filmate quelle scene.

Se, come sostengono i suoi legali, quelle immagini sono state girate intorno, anzi, dopo le ore 13, il teorema accusatorio crollerebbe come un castello di carte sotto il vento.

Thomas Kram

Inoltre, Bellini ha parlato della presenza di Thomas Kram alla stazione, di un’altra donna e di almeno un altro uomo legati ai palestinesi ed esperti di bombe

Tutte cose note.

Poi, ha aggiunto qualcosa di non inedito, ma mai approfondito: la presenza di agenti del Mossad in stazione a Bologna, quella mattina.

Una “boutade”?

Non esattamente.

Anche solo a rileggere le cronache pubblicate dai quotidiani il 3 agosto 1980, qualcosa di strano effettivamente si nota.

Eyal Malamed

Per esempio, la curiosa storia di tale Eyal Malamed.

Chi è costui?

Prima di dirlo, è bene ricostruire i primi attimi successivi alla tremenda esplosione che sventò la sala d’aspetto della stazione.

Com’è noto, la bomba esplose alle 10.25 e, immediatamente, gran parte di coloro che erano sopravvissuti alla deflagrazione si misero all’opera per soccorrere i feriti e per rimuovere le macerie che ricoprivano chissà quanti corpi.

Un lavorio frenetico che, però, durò solo circa un’ora, poiché, alle 11.30, gli agenti della Polizia e i militari dei carabinieri fecero allontanare tutti, a seguito di una telefonata anonima (non si capisce bene ricevuta da chi e men che meno, ovviamente, fatta da chi) che annunciava una seconda esplosione di lì a pochi attimi.

Il cordone di polizia

Le forze dell’ordine, da quel momento, fecero un cordone nel piazzale delle Medaglie d’Oro, permettendo solo a personale sotto il loro controllo e comando di operare tra le rovine dell’edificio.

Dunque, è solo nei primi 60 minuti scarsi dopo la tragedia che chiunque avesse lo spirito di farlo poté contribuire a portare soccorso alle vittime dell’immane tragedia.

Tra questi, appunto, il Malamed, studente di Medicina, israeliano, a suo dire sceso alla stazione dal treno giunto da Brindisi poco prima del boato.

Sempre a suo dire, trovandosi sul piazzale in cerca di acqua da bere, quando si rende conto che quello che ha sentito non è il <bang di un aereo supersonico>, Malamed inizierebbe come tanti altri a portare soccorso agli sventurati che hanno subito danni a causa della bomba e del crollo della sala d’aspetto.

Non per molto tempo, come detto, poiché, poi, arriva l’allarme bomba e, sopra a tutto, perché inizia a parlare coi giornalisti, in particolare con quelli de l’Unità, per raccontare ciò che ha visto e vissuto in quegli istanti.

Da quanto riporta il quotidiano comunista, pare di capire che Malamed sia andato proprio in redazione a parlare coi redattori di quel giornale e che sia in quelle stanze verso le 12.30.

Le fotografie?

E cosa racconta, il giovane aspirante medico israeliano?

Di aver aiutato quelli che uscivano da <una montagna di polvere>, certo, ma, in particolare, di aver <scattato una lunga serie di fotografie>.

Non è strano? Proprio nei momenti immediatamente successivi all’attentato, quelli dove c’era più necessità di pensare a salvare vite e a soccorrere i feriti, il Malamed, che per altro ha nozioni di Medicina, si mette a fare il reporter?

Per altro, come si evince dagli articoli, non sembra nemmeno interessato più di tanto a verificare subito i frutti del suo lavoro di cronista, non facendo sviluppare il rullino nella redazione de l’Unità. Strano è che, oltre a vederle subito, per quelle foto, risparmierebbe anche i costi di stampa delle pose.

Non ha fretta o non ha voglia di condividere le immagini che ha ripreso?

Non è singolare, tutto ciò?

I servizi israeliani nell’hotel dei terroristi del gruppo Carlos

Così come non è strano che un agente dei servizi di sicurezza di una compagnia di viaggio israeliana si trovasse proprio all’hotel Jolly, dove qualcuno giurò di aver visto Margot Frolich, la terrorista legata a Carlos che sarà arrestata due anni dopo a Roma, impegnata nei preparativi di un altro attentato.

Entrambi lì per caso?

E c’erano solo loro due, oppure anche altri israeliani erano presenti a Bologna, il 2 agosto?

E se lo erano, erano sempre lì per caso?

Forse, il processo di appello per stabilire l’eventuale ruolo di Paolo Bellini nella vicenda della Strage di Bologna non è il luogo giusto dove cercare e trovare queste risposte, ma, intanto, sembra essere quello dove possono emergere interrogativi interessanti anche su questo aspetto.

Massimiliano Mazzanti

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