Bombardamenti russi e bombardamenti israeliani: due approcci diversi di guerra aerea – In un precedente articolo del 20 gennaio 2023, avevamo già trattato la guerra aerea in corso in Ucraina, sottolineando le differenze tra dottrine di impiego russe dello strumento aereo, rispetto a quelle occidentali.
In particolare, avevamo cercato di evidenziare come le dottrine russe concepissero l’aviazione prevalentemente quale strumento offensivo tattico, ovvero come supporto diretto alle truppe al fronte, una sorta di grande “artiglieria volante”, la cui missione principale è colpire le truppe nemiche direttamente a contatto sulla linea del fronte (o nelle immediate retrovie).
La dottrina occidentale
Viceversa, le dottrine occidentali, figlie dell’esperienza dei bombardamenti terroristici della Seconda Guerra Mondiale, volti a devastare intere città, concepiti e sostenuti da personaggi quali il generale inglese Arthur Harris e l’americano Curtis LeMay, hanno mantenuto nel proprio DNA l’orma del bombardamento strategico, concependo lo strumento aereo come strumento offensivo volto, non solo a fornire supporto alle truppe a terra direttamente coinvolte nei combattimenti ma anche a condurre campagne di attacco in profondità finalizzate a disarticolare la capacità di resistenza della popolazione nemica colpendo obiettivi logistici, infrastrutturali (anche di uso misto militare/civile come accaduto poi in Serbia o in Iraq), industriali etc…
L’utilizzo dell’artiglieria volante russa
Nell’inverno del 2022-23 anche i russi, con la guerra già iniziata da circa 6 mesi, hanno lanciato una campagna di bombardamento strategico contro la rete elettrica ucraina, impiegando però esclusivamente droni Geran2 e missili a lungo raggio ovvero senza venir meno all’impiego fondamentale di aerei ed elicotteri per azioni di supporto alle truppe al fronte.
Tale campagna, attualmente sospesa, probabilmente per motivi di convenienza politica (si sospetta un tacito accordo Russia-USA della serie: “limitazione nei pacchetti di forniture militari a Kiev in cambio di uno stop ai bombardamenti strategici”), pur arrecando evidentemente una serie di blackout in tutta l’Ucraina e pesanti disagi anche alla popolazione civile, è stata comunque condotta esclusivamente contro gli impianti energetici, risultando in un numero relativamente basso di vittime civili (nella più parte dei casi causate dai missili della difesa antiaerea ucraina finiti fuori bersaglio, come confermato dall’ex consigliere di Zelensky, Arestovich, in merito alle vittime avute nella città di Dniepetrovsk).
Devastare le città, colpire i civili
Difficile pensare di non poter fare un paragone con la campagna di bombardamento intensivo che Israele, dal 7 ottobre ad oggi, sta conducendo contro la Striscia di Gaza.
In primo luogo, dobbiamo ricordare che la forza aerea israeliana, come le forze armate israeliane, è assai più vicina alle dottrine occidentali che non a quelle russo/sovietiche.
Dalle sue origini fino agli anni della guerra dei 6 giorni e a quella dello Yom Kippur, la spina dorsale dell’aviazione israeliana era costituita da mezzi di fornitura francese (tanto da essere ridenominata “Air France” dai propri stessi uomini), salvo poi, al crescere del legame politico e diplomatico tra Israele e gli Stati Uniti, venire ricomposta con mezzi quasi esclusivamente di produzione americana.
Hamas ci mette del suo
L’incessante campagna di bombardamenti con cui Israele sottopone la Striscia di Gaza (ovviamente non solo aerei ma anche con grande copia di artiglieria a terra e pure di artiglieria navale), come tutti possono constatare, si sta svolgendo senza risparmio alcuno tra obiettivi strettamente militari e civili.
Complice, d’altra parte, Hamas con la sua infame abitudine di confondere le proprie posizioni tra la popolazione civile, complice l’espresso fine di “punizione collettiva”, Israele impiega abbondantemente il proprio potenziale di fuoco non solo per colpire obiettivi infrastrutturali ma per bombardare sistematicamente, nel pieno di un territorio iperurbanizzato, qualunque obiettivo anche solo sospettato di una presenza nemica, con conseguente massacro di popolazione inerme e non combattente.
Il numero di caduti è impressionante
Per quanto, chiaramente, le cifre attualmente disponibili non possano essere ritenute totalmente affidabili, si stima che in un mese tale campagna abbia già ucciso più di 10.000 civili palestinesi, laddove, una guerra come quella in Ucraina, molto più vasta e combattuta da oltre 20 mesi, con caduti militari che probabilmente si possono contare nell’ordine delle centinaia di migliaia, conterebbe circa 20.000 vittime civili, di cui, la maggior parte, vittime non delle armi aeree, quanto dei combattimenti a terra avvenuti in zone urbane.
I due pesi USA
Inutile non riflettere sull’ipocrita atteggiamento occidentale e in particolare americano al riguardo. Se, infatti, all’inizio del conflitto del conflitto in Ucraina, l’ammiraglio Kirby, responsabile della comunicazione del Pentagono, denunciava l’aggressione russa come inumana e qualunque vittima civile come inaccettabile (simulando anche un patetico momento di emozione trattenuta, nel pieno di una conferenza stampa), interrogato sui bombardamenti indiscriminati israeliani e le pile di morti civili a Gaza, rispondeva sostenendo freddamente che, purtroppo, in guerra, le vittime civili sono inevitabili.
Probabilmente in parte questo è anche vero ossia è vero che in ogni guerra e in particolare nelle guerre moderne, ci saranno sempre vittime civili.
Tuttavia, non si può negare che quest’ultime saranno tanto maggiori tanto più si tenta di slegare lo strumento di guerra aerea dal fine di immediato supporto alle truppe combattenti, per intenderlo invece come uno strumento di guerra e di pressione da condurre contro un’intera popolazione.
I figli e i nipoti dei bombardamenti di Amburgo, di Dresda, di Tokyo, di Hiroshima etc… Potrebbero quantomeno avere il buongusto di ammetterlo.
Filippo Deidda