Maserati, il Tridente è in crisi.
Si chiama Maserati Innovation Lab il centro di progettazione, ricerca e sviluppo della casa del Tridente voluto dallo scomparso Sergio Marchionne. Ha prodotto la Maserati MC20, mossa dall’eccellente motore “Nettuno”, coperto da numerosi brevetti internazionali, oltre che una linea di motori elettrici destinati al modello “Folgore” e ad altre vetture del gruppo Stellantis.
L’Innovation Lab ospita anche laboratori e avanzatissimi simulatori, di cui uno statico e uno dinamico. Insomma, nelle intenzioni di Marchionne, il Lab avrebbe dovuto essere un centro tecnico di eccellenza, in grado di rilanciare la casa modenese.
Con la morte del grande dirigente le cose hanno preso una piega molto diversa. È ormai chiaro che agli Elkann, nell’ambito del loro impero, il settore auto interessi poco, tanto è vero che ne hanno permesso l’entrata nel gruppo Stellantis in una posizione subordinata rispetto a quella della francese Peugeot.
Quello che un tempo fu il gruppo Fiat, in Stellantis, conta poco.
Vi è poi stata l’accettazione pavida delle folli politiche di Bruxelles, che ha portato a investimenti suicidi nel campo dei motori elettrici. Aver paventato una gamma unicamente elettrica nel futuro prossimo Maserati, ha portato ad una drastica perdita di fascino per lo storico marchio, cosa che ha avuto riflessi sulle vendite. L’anno scorso sono scese fino ad un quinto di quelle del 2017, con un ulteriore calo del 20% nei primi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023.
E di certo non è stata di aiuto la partecipazione della casa del Tridente al mondiale dei Formula E, che è apparsa come una conferma di un suo imminente abbandono dei propulsori endotermici. Immancabili i contraccolpi sull’occupazione: da 800 ingegneri presenti all’inizio nell’Innovation Lab, in gran parte giovani, ora se ne contano la metà. Lo stabilimento Maserati di Grugliasco (TO), anche questo voluto da Marchionne, è da tempo in vendita.
Soluzioni semplici all’orizzonte non se ne vedono, a meno di una decisa sterzata rispetto alle politiche titubanti fin qui perseguite.
Certo, le colpe non sono solo da attribuirsi nei vertici aziendali, ma vanno ricercate soprattutto nelle decisioni della UE, che stanno portando, come era ampiamente prevedibile, alla crisi del comparto automotive in tutto il continente.
Se questa drammatica situazione sia frutto di semplice imbecillità unita ad ignoranza oppure lo specchio di una precisa volontà criminale volta a distruggere il tessuto industriale europeo a vantaggio di altri, per il momento non ci sono elementi per dirlo con certezza.
Il neo Presidente di Confindustria
Fa invece piacere aver assistito, finalmente, ad un sussulto di sano orgoglio industriale emiliano da parte del neo presidente di Confindustria Emanuele Orsini, modenese anche lui, come la Maserati.
Nelle sue prime dichiarazioni dopo l’elezione, il sostegno al nucleare tra le fonti energetiche e, soprattutto, al mantenimento dei motori endotermici, che hanno fatto l’industria italiana grande nel mondo. Questo tipo di atteggiamento, fiero e combattivo verso i diktat della UE, può essere il viatico per nuove politiche industriali che rafforzino il ruolo dell’Italia nel mondo automobilistico.
Quanto poi alla Maserati, forse è il momento di pensare ad un cambio di proprietà. Non certo con l’acquisizione da parte dell’ennesima multinazionale che si precipita su un marchio italiano con propositi vampireschi.
Sarebbe bello pensare ad una nuova IRI, che riprenda la filosofia di quella originaria e che tanto bene ha portato all’industria italiana. Certo, prima che, nel secondo dopoguerra, diventasse un carrozzone carico di lottizzazioni ed inefficienza a spese dello Stato, per poi essere annientata a colpi di svendite dal prof.Prodi.
Ci vorrebbe una nuova IRI, quindi, ma anche una nuova Italia.
Per adesso incrociamo le dita affinché la Maserati possa ritrovare il successo che merita.
Raffaele Amato
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