Sostituzione etnica: tra derisione e realtà – Sollevò scalpore, qualche mese fa, una frase del ministro Lollobrigida in riguardo alla dibattuta questione della sostituzione etnica.
Esattamente disse: “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica. gli italiani fanno meno figli e li sostituiamo con qualcun altro: non è quella la strada”
Tale termine è stato mutuato da Renan Camus, autore francese del libro “Le Grand Remblacement” pubblicato nel 2005. Tradotto sta per la Grande Sostituzione. Libro che costò una condanna a Camus per presunte frasi ingiuriose nei confronti degli immigrati musulmani. La mattanza di C. Hebdo del Bataclan erano ancora lontane da venire (2015).
I media ufficiali, tutti allineati al mainstream, si danno un gran da fare per “smontare” questa tesi e relegarla a rango di complottismo. Senza curarsi della probabilità o meno che una siffatta ipotesi potesse materializzarsi.
L’esempio dei pellerossa
La storia insegna diversi esempi di sostituzione etnica.
Quello più eclatante è stato il genocidio dei pellerossa. Questi all’arrivo degli Europei in Nordamerica palesarono in un primo momento benevolenza ed accoglienza.
Etnie come i cherockee furono tra le prime ad assimilare i costumi dei coloni inglesi e ne sposarono perfino la causa di indipendenza dalla madrepatria (1776)
Le cose in seguito andarono diversamente. L’avidità dei pionieri e dei cercatori d’oro, sospinti dal calvinistico diritto alla felicità verso Ovest, portarono ad un conflitto cruento con la popolazione autoctona.
Indiani che non erano i selvaggi spietati e sanguinari così come descritti dalla faziosa letteratura yankee.
Erano genti che difendevano semplicemente la loro terra, i loro bisonti e la propria dignità culturale.
Finì male con l’appropriazione definitiva dei territori del Far West all’insegna di massacri, saccheggi e deportazioni nelle cosiddette riserve.
In Europa va peggio
Onde evitare che i pellerossa oramai ridotti all’asservimento sociale potessero ripopolarsi e serbare voglia di rivalsa, il governo avviò una sterilizzazione forzata nei loro confronti.
In Europa si fa di peggio, perché sono proprio gli europei a darsi la zappa sui piedi, favorendo l’invasione allogena sotto un’ingannevole patina umanitaria.
Invece basterebbe poco per creare soluzioni di deterrenza affinché’ le popolazioni africane ed asiatiche non migrassero nelle nostre terre.
L’odio della nostra Tradizione
Non c’è la volontà di farlo e, come già detto, il progressismo di talune correnti culturali alimenta un sentimento di cupio dissolvi verso tutto quanto afferisce alla nostra identità bianca, europea e cristiana.
Si innesca così un meccanismo perverso e autodissolutorio che sembra non trovare più freno.
Ad esso occorre aggiungere il tracollo demografico che in Italia fa registrare un saldo negativo di 300mila unità nel confronto tra nascite e morti.
Nel giro di pochi decenni la popolazione autoctona si assottiglierà progressivamente fino ad estinguersi.
E di converso aumenterà quella allogena rendendo un fatto compiuto la sostituzione etnica.
Con buona pace di chi nega aprioristicamente tale fenomeno, la cruda realtà dei dati sconfessa ogni dubbio al riguardo. Più si va avanti e più il quadro appare chiaro in tutta evidenza.
E sarà così anche per gli scettici e gli improvvisati satiri della negazione.
Il blocco navale, ricordate?
Le misure dell’attuale governo in materia di difesa dei confini sono inesistenti con effetti che è un eufemismo definire disastrosi, visti i 150mila ingressi consentiti in un anno.
Peggio che andar di notte in tema di lotta alla denatalità.
Gli sforzi compiuti dalla Meloni rasentano il ridicolo. Si ignora la gravità e l’urgenza del problema: e come se non bastasse, l’ultima manovra finanziaria prevede un rialzo dell’IVA sui prodotti neonanatali (pannolini etc…) e per l’infanzia.
Chi avesse nutrito l’illusione di un’inversione di marcia per l’arrivo della destra al governo ha fatto male i propri conti.
Seguono anche loro il solco liberal-globalista dei precedenti dicasteri. D’altronde quando ci si infeuda ad organismi ontologicamente antinazionali come Aspen, occorre capirlo da subito che il dazio da pagare diventa salatissimo e non v’è minimo margine per qualsivoglia iniziativa identitaria.
Mario Pucciarelli