Vogliamo un tribunale per gli animali

Vogliamo un tribunale per gli animali – La triste vicenda del corridore ventiseienne Andrea Papi, ucciso in un bosco trentino da un’orsa, ha ravvivato le polemiche – strumentali ed ideologiche – tra gli ultrà animalisti ed i cacciatori incalliti.

I primi non hanno perso tempo ad ergersi a difesa del plantigrado con i soliti slogan a cui ormai siamo abituati da qualche decennio: “L’unica specie pericolosa è l’uomo”; i secondi, in preda ad un clima di vendetta irrazionale, hanno preteso che esattamente quell’orsa venisse abbattuta.

Chi scrive non nutre affatto simpatie per il mondo animalista che pretende, nella migliore delle ipotesi, di equiparare l’uomo ad una qualunque specie animale. L’ideologia anticristiana ha fatto breccia anche in questo campo mietendo consensi e, conseguentemente, vittime della ragione. La follia animalista che umanizza l’animale ed animalizza l’uomo è – forse – l’ultima frontiera della lotta scatenata nei confronti dei residuali concetti di gerarchia e di differenze naturali.

Una deriva pericolosa

Ciò premesso, esistono diversi aspetti dell’animalismo che tendono ad estendere presunti diritti umani agli animali. Si ricordi, nel 2006, l’aberrante progetto di legge del governo spagnolo Zapatero col quale si intendeva garantire alle grandi scimmie antropoidi (scimpanzé, orangutan, gorilla e bonobo) i loro «diritti fondamentali» in virtù di un «patrimonio genetico comune».

Una follia legislativa frutto di un’ideologia darwinista che, tuttavia, nel corso degli anni ha avuto modo di farsi strada nel panorama culturale mondiale.

Tornando alla vicenda dell’orsa trentina, pochi hanno correttamente osservato che la giustizia forcaiola invocata nei confronti di JJ4, lungi dal danneggiare il fronte ideologico animalista finisce, viceversa, per rafforzarlo e legittimarlo. Il perché è presto spiegato. Pretendere di uccidere quell’orsa responsabile della morte del runner, vuol dire trasferire nella sua sfera giuridica presunte responsabilità penali che, in quanto animale, non può avere.

Un controsenso

L’orso e gli animali non sono il centro di alcuna responsabilità in quanto non agiscono secondo volontà e ragione poiché guidati semplicemente dall’istinto. È la loro natura e, pertanto, sostenere di giustiziare l’orsa in quanto responsabile di un omicidio, vuol dire traslare all’animale una responsabilità propria ed esclusiva dell’uomo.

E si ritorna al punto di partenza. Equiparare nelle azioni, nelle scelte e nelle conseguenze dello stesso uomo ed animale è quanto di più irragionevole ed antitradizionale possa concepirsi. Infatti, solo l’uomo gode delle facoltà come l’intelletto (che fa conoscere il Vero) e la volontà (che fa scegliere il Bene) e da ciò, quindi, scaturisce lo strettissimo legame tra “libertà” e “responsabilità” delle azioni che, ovviamente, non possono essere insite nell’agire degli animali guidati esclusivamente dal proprio istinto di sopravvivenza e di autoconservazione.

Solo chi agisce liberamente è responsabile delle proprie azioni poiché capace di discernimento.

Se per assurdo si applicasse questo concetto agli animali, allora ne deriverebbe che l’azione penale promossa nei loro confronti non potrebbe prescindere da un equo giudizio davanti ad un giudice terzo. Ma, capite bene, che entreremmo a pieno titolo nell’era della società distopica.

Gianvito Armenise

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